UN FUTURO PIENO DI DRONI
In un mondo dove la guerra diventa tecnologia, sopravanzando il classico scontro tra uomini ed eserciti, dove tutto è globale e non esistono più limiti geografici o differenze tra interesse pubblico e ruolo privato, dove causa ed effetto si muovono nello spazio di pochi secondi, dove gli interessi – siano essi politici, commerciali, militari o di sicurezza – giustificano l’intromissione nelle vicende interne altrui, questo è il mondo dei droni. Infatti il drone (che tecnicamente viene definito con l’acronimo di UAV cioè “unmanned
aerial vehicle”, veicolo aereo senza pilota) osserva, intercetta, segue, ascolta, talvolta disturba le comunicazioni, ma soprattutto spara ed uccide. Il rischio per chi dirige ed esegue l’eliminazione del nemico è praticamente zero. E' dal 2001 che questo mezzo operativo è entrato a far parte della guerra asimmetrica globale e lo ha fatto in modo sempre più crescente. Dal primo test del
gennaio del 2001 in California contro un carro armato, all’impiego massivo nella guerra contro Saddam Hussein nel 2003. Sui cieli di Bagdad volavano ogni giorno quasi un centinaio di droni lanciati contemporaneamente da diverse agenzie militari (esercito, aviazione, marines, CIA, DIA). E’ anche capitato che qualche volta si siano scontrati tra loro. Successivamente i droni sono stati impiegati in Afghanistan, Yemen, Pakistan e Somalia per eliminare i quadri di Al Qaeda. Da quando John Brennan è diventato capo della CIA nel marzo del 2013 il drone è divenuto ancora più essenziale per combattere il terrorismo. Oggi è al servizio di una kill list dove figurano i maggiori esponenti del terrorismo da eliminare. Oltre agli americani, i droni sono una tecnologia largamente usata anche da Israele con i propri nemici. Hanno funzioni offensive, ma anche difensive. Li usa la CIA all’estero, ma anche l’FBI all’interno del proprio Paese. Ed ultimamente i droni incominciano a trovare utilizzo anche nel settore civile. Capofila in questo settore è stata Amazon, leader americano delle vendite telematiche, che sta testando un piccolo drone, il “Prime Air”, per la consegna dei pacchi ai clienti. La Federal Aviation Authority americana entro il settembre 2015 dovrà emanare delle direttive per fare volare i droni civili nei cieli americani. Il drone è diventato uno strumento principale nella lotta al terrorismo, nello spionaggio elettronico e visivo, supera confini senza chiedere autorizzazioni, ma soprattutto è efficace. Molte volte è affiancato all’attività (strategica) dei satelliti spia con cui si integra nella stessa funzione tattica sul terreno. Anche le cifre degli impieghi e dei correlati morti ammazzati negli anni dimostrano che i droni sono diventati uno strumento di massa. I danni collaterali
gennaio del 2001 in California contro un carro armato, all’impiego massivo nella guerra contro Saddam Hussein nel 2003. Sui cieli di Bagdad volavano ogni giorno quasi un centinaio di droni lanciati contemporaneamente da diverse agenzie militari (esercito, aviazione, marines, CIA, DIA). E’ anche capitato che qualche volta si siano scontrati tra loro. Successivamente i droni sono stati impiegati in Afghanistan, Yemen, Pakistan e Somalia per eliminare i quadri di Al Qaeda. Da quando John Brennan è diventato capo della CIA nel marzo del 2013 il drone è divenuto ancora più essenziale per combattere il terrorismo. Oggi è al servizio di una kill list dove figurano i maggiori esponenti del terrorismo da eliminare. Oltre agli americani, i droni sono una tecnologia largamente usata anche da Israele con i propri nemici. Hanno funzioni offensive, ma anche difensive. Li usa la CIA all’estero, ma anche l’FBI all’interno del proprio Paese. Ed ultimamente i droni incominciano a trovare utilizzo anche nel settore civile. Capofila in questo settore è stata Amazon, leader americano delle vendite telematiche, che sta testando un piccolo drone, il “Prime Air”, per la consegna dei pacchi ai clienti. La Federal Aviation Authority americana entro il settembre 2015 dovrà emanare delle direttive per fare volare i droni civili nei cieli americani. Il drone è diventato uno strumento principale nella lotta al terrorismo, nello spionaggio elettronico e visivo, supera confini senza chiedere autorizzazioni, ma soprattutto è efficace. Molte volte è affiancato all’attività (strategica) dei satelliti spia con cui si integra nella stessa funzione tattica sul terreno. Anche le cifre degli impieghi e dei correlati morti ammazzati negli anni dimostrano che i droni sono diventati uno strumento di massa. I danni collaterali
sono stati schierati in una base dell’Azerbaijan. Poi c’è l’”Hermes 450” che ha preminenti funzioni di sorveglianza, ricognizione e intercettazione. L’“Heron Machatz” invece era un prototipo precipitato (non si è mai capito se volutamente o accidentalmente) nel novembre del 2011 in Libano e scoppiato durante il tentativo degli Hezbollah di aprirlo. Anche l’Italia si è attrezzata nell’utilizzo di droni firmando un contratto con i produttori americani nel 2001, a cui poi ha fatto seguito una commessa di 6 Predator nel 2006. Gli italiani ne hanno prodotto anche uno in proprio, l’”Hammerhead”, che ha un’autonomia di 16 ore e vola ad altissima quota. Ed un altro esemplare più piccolo, il “Falco”, oggi impiegato dall’ONU per la sorveglianza nella Repubblica democratica del Congo a supporto dei reparti della forza internazionale. Gli Hezbollah sono oggi in possesso dell’“Ayoub” che hanno fatto volare sui cieli israeliani il 7 ottobre 2013 arrivando nei pressi della centrale nucleare di Dimona prima di essere abbattuto. In passato avevano utilizzato altri droni iraniani come il “Mohajer” e l”Ababil”. L’Ayoub è un drone di produzione iraniana, ma assemblato ed impiegato dagli Hezbollah in Libano. L’ideatore e il propulsore di questo programma, Hassan Laqis, l’uomo dietro a tutti gli ultimi sviluppi tecnologici dell’organizzazione sciita, non casualmente è stato eliminato da un commando a Beirut ai primi di dicembre 2013.Ma dietro gli Hezbollah ci sono gli iraniani con tutti gli sforzi tecnologici e militari che stanno dedicando allo specifico settore. Dal “Mohajer” (“il migrante”), impiegato nella guerra contro l’Iraq, si è passati all’”Ababil” (“rondine”) prodotto nel 1993 a solo scopo di ricognizione (e già utilizzato sui cieli di Haifa nel 2006 e poi in Iraq). Di volta in volta gli iraniani hanno elaborato vettori sempre più sofisticati come l’A-3, l'A-T, il “Karrar” (il bombardiere), il “Sofreh Mahi” (raggio di aquila) e lo “Sharapa” (farfalla). Ma i problemi iraniani, a parte la competitività tecnologica complessiva nel campo cyber, sono oggi soprattutto due: quello dell’invisibilità ai radar nemici e quello di dotare questi velivoli di un'autonomia che ne allunghi il raggio di azione per garantirne l’impiego anche verso Israele. Il “Karrar” progettato nel 2010 arriva adesso a 1000 km, ma ne occorrono ancora di più, almeno 1700. Da lì lo sviluppo di una versione dell’”Ababil”, l’”Ababil T”, che dovrebbe arrivare ai 2000 km. Nel gioco delle parti gli Hezbollah servono oggi soprattutto per testare i progressi tecnologici di Teheran, ma anche per portare
Fonte : Invisibile Dog www.invisible-dog.com/past_issues/invisible-dog_issue31_italian.pdf
Inserito da Domenico Marigliano Blogger
