Emergenza terrorismo o destabilizzazione Occidentale?

Goma (Congo) - Il rapimento delle 276 studentesse nigeriane ha rappresentato un’occasione unica per l’Occidente per riuscire a interferire nella vita politica ed economica del piú importante Paese dell’Africa Occidentale, prima potenza economica del continente e primo produttore di petrolio: la Nigeria. L’azione mondiale contro Boko Haram, dichiarata durante il summit a Parigi, è affidata a un specialista delle forze speciali americane con un lungo passato di comandante di squadroni della morte e violazione dei diritti umani nei Paesi latinoamericani. Gli obiettivi reali degli Stati Uniti non sarebbero quelli di liberare le ragazze rapite o sconfiggere Boko Haram, ma di sfruttare la situazione per soggiogare il Paese africano, ridurre al minimo la sua sovranità nazionale e riattivare le quote di greggio importate ridotte dal 2010 a favore della Cina. Questa la tesi di Glen Ford, giornalista investigativo americano ed editore di Black Agenda Report un network di informazione Liberal per la comunitá afro americana fondato nel 2006 da Glen Ford, Bruxe Dixon, Margaret Kimberley e Leutisha Stills, ex giornalisti del network televisivo canadese CBC.

Boko Haram sarebbe in realtà una semplice sigla utilizzata da quasi 100 gruppi terroristici islamici, spesso composti da stranieri, che operano in Nigeria. Boko Haram, come entità eversiva autonoma avrebbe smesso di esistere nel 2009 quando il suo leader Mohammed Yusuf fu ucciso dalle forze armate nigeriane a Bauchi, nord Nigeria. Boko Haram nacque come una setta Salafista che proibiva ogni contatto con la cultura occidentale considerata satanica. La setta fu totalmente sterminata durante la battaglia di Bauchi: 700 militanti uccisi o arrestati. Boko Haram ritornò improvvisamente all’attenzione nazionale nel 2011 quando Abubakar Shekau, ex braccio destro del defunto leader, annunciò il ritorno della setta terroristica e si autoproclamò leader. Sulla sua testa pendono due taglie: quella americana da 7 milioni di dollari e quella nigeriana da 300.000 dollari. Recentemente Shekay è soppravvissuto ad un attentato organizzato dai servizi segreti nigeriani ed ha rivendicato il rapimento delle 276 studentesse.

In realtà il nome del movimento islamico sarebbe stato ripreso da un nucleo originale di dieci gruppi terroristici (a cui si sono successivamente aggiunti altri) coordinati da Shekau e intenzionati a sfruttare il “martirio” del leader storico per ottenere un riconoscimento morale e la notorietà  difficili da conquistare in Nigeria e a livello mondiale utilizzando le proprie sigle spesso impronunciabili e sconosciute. Boko Haram sarebbe in realtà una scatola vuota che funge da marchio per le operazioni di questi gruppi islamici estremisti privi di una ideologia e obiettivi comuni. L’escalation di Boko Haram, che ha tramutato le azioni terroristiche in una guerra civile contro il governo federale nigeriano, è stata registrata dopo la caduta del governo libico di Mouammar Kadhafi.

Le migliaia di jihadisti che hanno partecipato alla guerra civile libica (febbraio 2011 – ottobre 2011) una volta raggiunta la vittoria grazie agli interventi diretti NATO e degli Stati Uniti, avrebbero lasciato il Paese per concentrare le loro energie nel conflitto siriano e per destabilizzare i Paesi africani del Sahel, spesso collaborando con i servizi segreti occidentali, dell’Arabia Saudita, Kuwait e Qatar. È in questa fase storica che Boko Haram assume una pericolosa dimensione, prima nazionale e successivamente regionale, allacciando stretti legami con altri movimenti estremisti islamici africani quali Al-Shabaab (Somalia) e i Séléka (Repubblica Centroafricana) con cui condivide gli stessi finanziatori: le monarchie arabe. Secondo Glen Ford, Boko Haram è un semplice esperimento mediatico per coprire operazioni segrete delle Intelligence occidentale tese a prendere il controllo di punti strategici dell’Africa Occidentale. Boko Haram può essere equiparata ad Al-Qaeda, originalmente creata dai servizi segreti americani per utilizzarla contro l’esercito sovietico in Afganistan negli anni Ottanta.

Attualmente anche Al-Qaeda non è altro che una sigla di riferimento per centinaia di gruppi terroristici che operano nel Medio Oriente, Asia e Africa. La teoria di Glen Ford potrebbe rientrare nel vasto elenco delle teorie del complotto se non fosse supportata da dati di fatto assai inquietanti. Il prolificarsi dei gruppi terroristici islamici nel Sahel e successivamente nell’Africa Centrale, ha permesso a Francia e Stati Uniti di attuare vere e proprie invasioni in Mali e in Centroafrica miranti a trasformare questi due Stati africani in protettorati occidentali. Sia in Mali che in Centroafrica Parigi e Washington fin dal 2010 erano a perfetta conoscenza dell’esistenza  dei principali gruppi islamici che hanno reso possibili le invasioni occidentali: il Movimento Nazionale per la Liberazione del Azawad (NMLA) e i Séléka. La loro ascesa al potere sarebbe stata favorita tramite finanziamenti ricevuti sopratutto dalla Francia e in misura minore dagli Stati Uniti che hanno utilizzato questi gruppi come un cardine per liberarsi da regimi divenuti scomodi e presidenti “ribelli”: Alpha Ouma Konaré e Francois Bozize, evitando il coinvolgimento diretto ed imbarazzante come quello avvenuto nel 2011 nella Costa d’Avorio  quando l’esercito francese revocò con l’uso della forza il mandato presidenziale di Laurent Gbagbo eletto democraticamente per istallare un loro uomo di fiducia: Alassane Ouattara.

Il supporto offerto non è da intendersi come un appoggio all’Islam estremista, ma come una precisa tattica che prevede la facilitazione per la presa del potere di questi movimenti impresentabili, fanatici e lontani anni luce dal Islam e dagli insegnamenti coranici, al fine di poter facilmente individuare chiari nemici ed ottenere l’approvazione dell’opinione pubblica mondiale per le invasioni militari in nome della lotta contro il terrorismo internazionale. Le fazioni jihaidiste trasferitesi dalla Libia al Sahel si sono concentrate sul Mali e sulla Nigeria. Secondo fughe di notizie provenienti dalla Intelligence Americana almeno il 42% dei miliziani di Boko Haram sarebbe composto da mercenari stranieri. Un’affermazione credibile che seguirebbe il modus operandi attuato in Siria per superare la difficoltà di creare una ribellione puramente  autoctona a causa del mancato entusiasmo della popolazione civile a sposare la causa della “democrazia”.

Nei tre principali Paesi, Mali, Nigeria e Siria, la maggioranza della popolazione musulmana è chiaramente contraria a queste ribellioni e i profughi rifugiatesi in altri paesi non hanno abbandonato le loro città e villaggi in quanto contrari ai rispettivi governi, come parte dei media internazionali affermano. Più semplicemente per sfuggire dalle violenze della guerra e dal rischio di venire ammazzati. La mancanza di supporto popolare induce questi gruppi terroristici a concentrare le loro azioni criminali sulla stessa popolazione mussulmana che teoricamente dovrebbe essere da loro liberata. Gli esempi di Nigeria e Siria sono i più eclatanti. Il rapimento delle 276 studentesse nigeriane, ha rappresentato una occasione inaspettata per creare uno stato emotivo internazionale idoneo a indirizzare l’opinione pubblica occidentale verso l’intervento militare.

Secondo Glen Ford, il movimento popolare Bring Backs Our Girls, creato dai genitori delle ragazze rapite, sarebbe stato condannato a restare un fenomeno di protesta locale se non fosse stata attuata un’opera di ampliamento di questa giusta causa dai servizi segreti francesi e americani tramite un sapiente utilizzo dei social network. «Quante cause altrettanto giuste ed importanti in Africa vengono ignorate e non trovano eco internazionale? Dal popolo del Saraawi allo sterminio di elefanti e rinoceronti? Addirittura gli omosessuali africani repressi e perseguitati stentato ad ottenere visibilità e solidarietà nonostante l’appoggio delle lobby gay occidentali», afferma Glen Ford. Il summit di Parigi che ha riunito Nigeria, Ciad, Niger, Benin e Camerun, organizzato da Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti, ha ufficializzato l’impegno militare occidentali per “liberare” le ragazze rapite, attraverso un piano d’azione mondiale e regionale.

Quattro di questi Paesi africani non hanno alcuna capacità di contrastare le attività terroristiche causa limitate risorse finanziarie, governi e forze dell’ordine corrotti, mancanza di formazione ed equipaggiamento tecnologico. Quindi il piano d’azione deve per forza essere attuato dagli eserciti occidentali. Scarsi i risultati registrati nella liberazione delle ragazze, arrivate al settantaduesimo giorno di prigionia, ma in compenso sono state accelerate le azioni di posizionamento delle truppe strategiche nella scacchiera dell’Africa Occidentale. Washington hanno inviato 80 soldati in Ciad (principale fornitore di greggio per gli Stati Uniti) per aprire una nuova base di droni da combattimento che si aggiungerà a quelle già esistenti in Niger, Burkina Faso, Etiopia, Somalia, Seychelles e Djibouti. Consiglieri militari del AFRICOM (l’esercito americano impegnato nelle operazioni in Africa) creeranno battaglioni di Ranger nigeriani, maliani, mauritani e nigerini specializzati nella lotta contro il terrorismo e le insurrezioni armate sotto diretto comando del Pentagono e della CIA.

Il 'New York Times', in un suo articolo pubblicato il 27 maggio scorso (US trains african commandos to fight terrorism), rivela che la formazione di questi Ranger africani è stata affidata a Michael Sheehan, un esperto della CIA incaricato della formazione e del coordinamento dei squadroni della morte e delle operazioni speciali. Sheehan ha un “brillante” curriculum che renderebbe estremamente facile l’opera degli avvocati dell’accusa presso la Corte Penale Internazionale. Direttore operativo del Centro Anti Terroristico di West Point,  ha ricevuto vari incarichi eversivi negli anni Ottanta tra cui la famosa Operazione Condor consistente nella coordinazione dei squadroni della morte delle giunte militari in Argentina, Bolivia, Brasile, Paraguay e Uruguay con l’obbiettivo di contenere la minaccia comunista nella America Latina. Il bilancio dell’operazione è 60.000 vittime civili, per lo più attivisti politici, sindacalisti, difensori dei diritti umani e clero cattolico appartenente alla Teologia della Liberazione, movimento cattolico noto in Italia negli anni Settanta con la sigla: Preti Operai.

Stati Uniti e Francia stanno attuando pesanti pressioni sul presidente nigeriano Jonathan Goodluck affinché conceda a questi Ranger la piena libertà di azione sotto coordinamento americano. Una concezione che comprometterebbe seriamente il controllo di queste forze speciali da parte del parlamento nigeriano e dell’esercito federale con gravi rischi che esse diventino unità altamente specializzate ed indipendenti o che si trasformino in squadroni della morte utilizzati per scopi di repressione politica. Secondo Glen Ford, i Ranger nigeriani non si limiterebbero a combattere Boko Haram ma dovrebbero contenere tutti i movimenti sociali e politici nel Paese considerati “eversivi” da Parigi e Washington. I piani geo-strategici rivolti contro la Nigeria stanno trovando una seria opposizione del presidente Jonathan Goodluck che, pur dimostrando la volontà di collaborare, ha ben precisato che tale cooperazione può terminare qualora mettesse a repentaglio gli interessi e la sovranità nazionale.

Prendendo rispettosamente nota della decisione di questo Stato Sovrano, Parigi e Washington stanno attuando una campagna denigratoria internazionale contro il governo federale nigeriano e il presidente, allacciando stretti rapporti con l’ex presidente Olusegun Obasanjo, stranamente una tra le voci più critiche che denuncia l’incompetenza governativa nella lotta contro Boko Haram. Vi è da notare anche una strana coincidenza. Dall’annuncio di Goodluck relativo a privilegiare gli interessi nazionali alla cooperazione con le potenze occidentali per sconfiggere il terrorismo, sono drasticamente aumentati gli attacchi di Boko Haram ormai attuati su tutto il paese. Prendendo spunto dalle inchieste di Glen Ford, altri giornalisti investigativi americani stanno analizzando la recente escalation terroristica in Kenya di Al-Shabaab iniziata il 21 settembre 2013 con l’attacco altamente mediatico al centro commerciale Westgate a Nairobi.

Si nutre il sospetto che si tratti di una strategia della tensione attuata su vasta scala dall’Occidente per piegare il presidente Uhuru Kenyatta, considerato troppo amico della Cina. Anche se la teoria di Glen Ford merita un approfondimento prima di essere sposata in pieno, occorre far notare che Parigi e Washington hanno mal digerito la decisione presa dalla Nigeria nel 2010 di diminuire del 50% le esportazioni di greggio in Occidente a vantaggio della Cina. Le piú importanti multinazionali occidentali (a eccezione della inglese Tullow) sono state praticamente escluse dal mercato emergente degli idrocarburi in Kenya. Consci della politica di destabilizzazione occidentale e dei seri rischi di caos regionali sempre piú paesi africani si stanno indirizzando verso il blocco politico ed economico BRICS, in particolare verso Cina e Russia.

Nell’Africa Orientale questa tendenza è attuata da Kenya, Rwanda e Uganda, tre storici alleati di Stati Uniti e Gran Bretagna. Dal 2013, stranamente, Washington è diventata improvvisamente critica anche verso i governi di Kampala e Kigali, il primo accusato di reprimere le minoranze sessuali e il secondo l’opposizione interna. Se comprovati, i piani di destabilizzazione occidentali, tramite l’utilizzo dei gruppi terroristici, potrebbero riservare vari effetti boomerang nel futuro. Quelli già evidenti sono il ritorno delle milizie islamiche in Libia con relativo caos dettato dalla ripresa della guerra civile (ritorno causato dalle sconfitte subite in Siria), e il reale rischio di attentati in Europa e America che potrebbero essere attuati dai combattenti islamici occidentali, addestrati dalle forze speciali europee e americane per le operazioni in Siria. Questi potrebbero esportare il terrore nelle principali capitali europee e negli Stati Uniti al loro rientro, forti della ottima preparazione militare ricevuta direttamente sui campi di battaglia siriani.

Dopo la caduta del muro di Berlino, gli Stati Uniti, sono stati salvati dal terrorismo islamico, il nuovo nemico mondiale estremamente utile per giustificare ogni interventi militare americano all’estero. Recentemente il presidente russo Vladimir Putin ha affermato di essere in possesso di documenti segreti che dimostrerebbero il complotto americano sul terrorismo internazionale e chi ha veramente attuato l’attentato alle torri gemelli a New York il 11 settembre 2001.

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