Perché il caso dei due Marò fa pochi progressi

Marò, scontro Italia-India

Marò, scontro Italia-India

Nuova Delhi accusa: due militari italiani hanno sparato durante un'operazione antipirateria uccidendo due pescatori. Massimiliano Latorre e Salvatore Girone vengono fatti scendere e arrestati, nonostante Roma reclami la giurisdizione del caso affermando che l'incidente è avvenuto in acque internazionali

 

di Natalino Ronzitti

Perché il caso dei due Marò fa pochi progressi

Nei fatti, la questione dei Marò sta cadendo nel dimenticatoio, sommersa da altre notizie internazionali (Libia, Gaza, Ucraina, etc.). L'analisi di AffarInternazionali

 

Ennesimo rinvio dei tribunali indiani sulla questione dei nostri fucilieri di marina, trattenuti in India ormai da circa due anni e mezzo. Questo è quanto avvenuto il 31 luglio. Il 4 agosto la Corte Suprema indiana ha poi autorizzato il rinnovo della cauzione a garanzia della libertà provvisoria dei due Marò.

La Corte speciale che era stata incaricata dalla Corte suprema indiana di giudicare il caso si è aggiornata al 14 ottobre 2014 a causa dell’indisposizione di uno dei giudici. Qualcuno, a quanto sembra a livello governativo, ha affermato che si tratta di un mero fatto tecnico. Altri hanno scritto che il rinvio gioca a nostro favore.

Nei fatti, la questione dei Marò sta cadendo nel dimenticatoio, sommersa da altre notizie internazionali (Libia, Gaza, Ucraina, etc.). Non si capisce bene come si stiano muovendo la nostra diplomazia e le autorità di governo. Che cosa stanno facendo? L’opinione pubblica vuole saperlo e non mi sembra che, in questo caso, la riservatezza sia l’arma della buona diplomazia.

Attualmente sulla questione dei Marò sono pendenti in India quattro procedimenti, tre dinanzi alla Corte suprema, uno dinanzi alla Corte speciale. Addirittura è stato presentato dal proprietario del peschereccio, colpito secondo la tesi dell’accusa dai nostri Marò, un ricorso volto a statuire l’incompetenza della Corte speciale e a riportare il caso dinanzi ai tribunali del Kerala.

Dopo De Mistura, la fase dell’internazionalizzazione

Con grande clamore era stato annunciato dal nuovo governo e dai ministri degli Esteri e della Difesa una “nuova fase”. Dato il ben servito a Staffan De Mistura, che aveva praticamente seguito la vicenda fin dalle origini, la nuova fase sarebbe consistita nell’internazionalizzazione del caso, sia a livello diplomatico sia a livello giurisdizionale internazionale, con l’eventuale ricorso all’arbitrato.

L’internazionalizzazione a livello diplomatico non ha finora fatto registrare iniziative incisive. Uno dei punti su cui ha insistito l’Italia è quello dell’immunità funzionale dei due Marò, in quanto organi dello stato italiano. Tesi cui il sottoscritto crede fermamente, ma non pacifica (tra l’altro disconosciuta, sia pure in altro contesto, dalla nostra Corte di cassazione in una recente sentenza).

La Presidenza italiana dell’Unione europea (Ue) è iniziata senza che il Presidente del consiglio o il Ministro degli affari esteri abbiano fatto della questione dei Marò una priorità, quantunque la lotta alla pirateria interessi tutti i paesi membri. Della questione dell’immunità funzionale si sta occupando la Commissione del diritto internazionale (Cdi), organo di codificazione delle Nazioni Unite.

Ebbene, non sembra che la tesi dell’immunità funzionale sia stata adeguatamente affrontata nella VI Commissione dell’Assemblea generale delle Nazioni unite, dove vengono discussi i progetti della Cdi, tranne qualche sporadico intervento.

Della scarsa attenzione dedicata dalla nostra diplomazia alla tesi dell’internazionalizzazione è stato di recente testimone anche chi scrive, che era stato chiamato, in quanto esperto indipendente, a relazionare sulla questione delle Compagnie militari di sicurezza private nell’ambito del corrispondente Gruppo di lavoro presso il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni unite a Ginevra.

Avendo il sottoscritto trattato il tema sotto il profilo del personale imbarcato su navi commerciali in funzione antipirateria, sarebbe stato facile per il rappresentante italiano (silente) sollevare la questione del personale militare e dell’immunità funzionale. Niente di tutto questo è stato fatto.

Tra arbitrato e inchiesta internazionale

La scelta dell’arbitrato, più volte evocata come una delle possibili soluzioni dell’internazionalizzazione della vicenda, langue. Sulle insidie e, soprattutto, sui tempi lunghi che questa soluzione comporta ci siamo già espressi e non è necessario ripetersi.

Una volta promosso l’arbitrato, disciplinato dall’Annesso VII alla Convenzione sul diritto del mare, sarebbe anche possibile, come misura provvisoria, chiedere al Tribunale internazionale del diritto del mare, l’invio in Italia dei due Marò, in attesa che si pronunci il tribunale arbitrale. Soluzione possibile, ma non certa.

La questione dei due Marò è complicata, sotto il profilo tecnico, dall’incastro tra competenze dell’esecutivo e competenze dei tribunali, di non facile soluzione in uno stato dove vige il principio della separazione dei poteri. Probabilmente anche per l’India la controversia si trascina ormai da troppo tempo.

Occorre quindi trovare, a livello diplomatico, un meccanismo che, nella salvaguardia del principio della separazione dei poteri, consenta di addivenire a una rapida soluzione della questione. Questo potrebbe concretarsi in una Commissione d’inchiesta di cui esistono molti precedenti nel campo marittimo.

L’accordo dovrebbe consistere nel far rientrare i Marò in Italia, con l’obbligo di punirli qualora l’inchiesta accertasse che effettivamente essi siano responsabili dell’uccisione dei pescatori indiani. In tal caso verrebbe in considerazione anche il risarcimento del danno alle famiglie. Ma questo è già stato corrisposto, sia pure a titolo “grazioso”, senza cioè ammissione di responsabilità alcuna da parte italiana.

Continua il valzer tra Italia e India sul caso dei due Marò

Giuseppe Paccione
Continua il valzer tra Italia e India sul caso dei due Marò

Ancora una volta, il Tribunale speciale indiano ha rinviato la questione dei due fucilieri di marina, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, tuttora trattenuti, nei locali dell’ambasciata italiana, a Nuova Delhi ormai da quasi tre anni. Questo è quanto accaduto alla fine del mese di luglio. Qualche giorno dopo, la Corte Suprema dell’Unione d’India ha autorizzato il rinnovo della cauzione per garantire la libertà temporanea ai due militari italiani del Reggimento San Marco.

Il Tribunale speciale, cui era stato affidato dalla Corte suprema di esaminare il caso, si è aggiornata al 14 ottobre del corrente anno, per la ragione che uno dei giudici ha avuto problemi e non poteva presiedere al dibattito.

Come volevasi dimostrare, il problema dei due Marò sta finendo nel dimenticatoio, sommersa da altre notizie internazionali, molto importanti (Libia, Gaza, Ucraina, etc.). il fatto è che non si ha chiaro in che modo si stia muovendo la la diplomazia italiana e l’attuale governo che pensa solo a candidare l’attuale ministro degli esteri al posto di alto rappresentante della PESC. Che cosa stanno facendo? L’opinione pubblica vuole saperlo e non mi pare che, in tal caso, la riservatezza sia l’arma della buona diplomazia.

Nei giorni nostri, sulla vicenda dei due fucilieri della Marina militare italiana sono pendenti in India quattro procedimenti, di cui tre davanti alla Corte suprema, il quarto dinanzi alla Corte speciale. Si immagini che è stato presentato dal proprietario del peschereccio St. Anthony, dove morirono i due pescatori indiani, colpito secondo la tesi dell’accusa dai due Marò, un ricorso volto a determinare l’incompetenza della Corte speciale e a riportare il caso dinanzi ai tribunali del Kerala.

Alcuni mesi fa, con grande risonanza era stato annunciato dal governo Renzi e dai rispettivi ministri degli Esteri e della Difesa una nuova fase. Dato il ben servito al sottosegretario Staffan De Mistura, il quale aveva concretamente seguito la vicenda sin dall’inizio, la nuova fase sarebbe consistita nel portare la controversia Italia c. India a livello internazionale, sia sul piano diplomatico, che su quello giurisdizionale internazionale, con l’eventuale ricorso all’arbitrato.

Com’è ben noto, l’internazionalizzazione a livello diplomatico non ha, sino a oggi, fatto registrare iniziative incisive. Uno dei punti su cui ha insistito il governo italiano è quello dell’immunità funzionale dei due Marò, in quanto organi dello stato italiano.

Da qualche mese a questa parte è iniziata la Presidenza italiana dell’Unione Europea, è si constata come  il Premier italiano o il Ministro degli affari esteri non abbiano fatto della questione dei Marò una priorità, benché la lotta alla pirateria riguarda tutti i 28 Stati membri dell’UE. Circa la questione dell’immunità funzionale, se ne sta occupando la Commissione del diritto internazionale, organo di codificazione delle Nazioni Unite.

Non pare che la tesi dell’immunità funzionale sia stata incisivamente affrontata nella VI Commissione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, in cui si dibattono i progetti della Commissione di diritto internazionale, tranne qualche marginale intervento.

La scelta dell’arbitrato, come una delle possibili soluzioni dell’internazionalizzazione della controversia, langue. Una volta promosso l’arbitrato, disciplinato dall’Annesso VII alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, sarebbe anche possibile, come misura temporanea, proporre al Tribunale internazionale del diritto del mare, l’invio in Italia dei due Marò, in attesa che si pronunci il tribunale arbitrale. Soluzione che può essere applicata e, quindi, fattibile, ma non sicura.

Si sa che la vicenda dei due Marò è piena d’impasse, sotto il profilo tecnico, dall’incastro tra competenze dell’esecutivo e competenze dei tribunali, di non semplice soluzione in una Nazione, in cui vige il principio della separazione dei poteri.

È d’uopo, tuttavia, trovare, sul piano prettamente diplomatico, un sistema che, nella tutela del principio della separazione dei poteri, consenta di giungere a una celere soluzione della vicenda e ciò potrebbe realizzarsi nella istituzione di una Commissione d’inchiesta di cui esistono alcuni precedenti nel campo del diritto del mare.

L’accordo dovrebbe consistere nel far rientrare i Marò in Italia, con l’obbligo di punirli nel caso in cui l’inchiesta confermi che del tutto che essi siano responsabili della morte dei due pescatori indiani. In questo caso verrebbe in considerazione anche il risarcimento del danno alle famiglie che è già stato corrisposto, sia pure a titolo grazioso, senza cioè ammissione di responsabilità alcuna da parte italiana.

Per continuare a seguire il problema dei due Marò, è stato formato presso il Ministero affari esteri, sotto la presidenza di un avvocato londinese, come se in Italia fossimo sprovvisti di ottimi e preparati avvocati, un team di giuristi. Nessun problema circa la competenza ed è consuetudine in una vicenda internazionale allargare il team con presenze straniere, ma nominare capo del team un avvocato straniero è però un’altra cosa.

L’esperienza insegna che sono gli Stati del terzo mondo privi di giuristi di alta preparazione e qualità che ingaggiano avvocati occidentali. Il nostro Paese non è una nazione da terzo mondo e, per fortuna, ha eccellenti giuristi in grado di difendere le sue ragioni! Siamo in Italia, paese dei balocchi, purtroppo!

 

Marò, il premier indiano Modi a Renzi: "Fidatevi della nostra giustizia"

Colloquio telefonico tra il presidente del Consiglio e il primo ministro di New Delhi. Che, secondo un comunicato, ha invitato l'Italia a "permettere un proseguimento del cammino del processo indiano". Palazzo Chigi: auspichiamo una rapida soluzione positiva. Telefonate di Renzi anche con Obama ed Erdogan sulle crisi internazionali

ROMA - Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha avuto un colloquio telefonico con il nuovo primo ministro indiano, il leader nazionalista Narendra Modi. Renzi e Modi hanno parlato, tra le altre cose, del caso dei marò, i due Fucilieri di Marina detenuti in India, per il quale il Presidente del Consiglio ha auspicato una rapida soluzione positiva, fa sapere Palazzo Chigi. In serata, un comunicato di New Delhi riferisce che, alla sollecitazione di Renzi per una soluzione rapida, il premier Modi ha replicato invitando "la parte italiana a permettere un proseguimento del cammino del processo indiano", sottolineando che "la giustizia indiana è libera, giusta e indipendente" e "considererà tutti gli aspetti" del caso. "Una corretta e rapida risoluzione è interesse di entrambe le parti", ha chiarito il premier indiano al presidente del Consiglio.

La telefonata tra Renzi e Modi è avvenuta una settimana dopo che la Corte Suprema indiana ha autorizzato il rinnovo per altri due anni delle garanzie bancarie legate alla libertà provvisoria dei due marò, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. I due militari, che sono trattenuti in India da oltre due anni perché coinvolti nell'uccisione di due pescatori locali al largo delle coste del Kerala il 15 febbraio 2012, non erano presenti in aula. La decisione della Corte aveva fatto seguito a una richiesta dei legali dei marò, che ha permesso così il rinnovo delle garanzie scadute e il loro trasferimento a New Delhi, luogo dove i due militari italiani sono sotto la custodia del massimo tribunale locale, che il 18 gennaio 2013 ha spostato la competenza del caso dal Kerala allo Stato indiano.

 

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