Il principe nero. Junio Valerio Borghese e la X Mas

 

 

“Una guerra si può perdere, ma con dignità e lealtà, e allora l’evento storico non incide che materialmente, seppure per decenni. La resa e il tradimento hanno invece incidenze morali che possono gravare per secoli sul prestigio di un popolo, per il disprezzo degli alleati traditi, e per l’uguale disprezzo dei vincitori con cui si cerca vilmente di accordarsi.
 

 

Non mi sembra che tali ideali e convincimenti abbiano un’impronta fascista. Appartengono al patrimonio morale di chiunque”




BORGHESE CON IL GENERALE RODOLFO GRAZIANI
 
Junio Valerio Borghese nasce a Roma il 6 giugno 1906. Sommergibilista dal 1932, Tenente di Vascello dal 1933, il 15 giugno 1937 è al comando di “Iride”nei mari spagnoli. Con“Scirè” guida Missioni a Gibilterra ed Alessandria. E’ al Comando della X Flottiglia Mas dall’1 maggio 1943. Il 14 settembre 1943 sceglie di continuare a combattere contro gli angloamericani a fianco della Kriegsmarine e il 5 ottobre, insieme alla M.d’O. Enzo Grossi e all’Ufficiale di collegamento nella base italiana di Bordeaux Franz Becker, fa visita a Mussolini alla Rocca delle Caminate.
Affianca ai tradizionali mezzi d’assalto Reparti di Fanteria di Marina ma, per contrasti con il Sottosegretario alla Marina Repubblicana Ferruccio Ferrini sull’impiego del Reggimento “San Marco”, è posto agli arresti a Brescia dal 13 al 24 gennaio 1944. Dal 15 febbraio 1944, quale Sottocapo di S.M. Operativo con sede a Lerici (SP) è il responsabile della Marina Repubblicana, d’intesa con il nuovo Sottosegretario Giuseppe Sparzani. e con il successore Bruno Gemelli.
L’11 agosto 1944 viene ferito insieme a Pavonili da disertori cecoslovacchi in un agguato a Ceresole (AO). L’8 settembre 1944 dal suo definitivo Comando di Lonato (BS) , mentre è insignito della Croce di Ferro di 1^Classe, lancia un appello ai Combattenti dell’Italia repubblicana con la memorabile conclusione “giuriamo che combatteremo finchè avremo pace con onore”.
 Il 24 aprile 1945 Mussolini lo nomina Comandante Militare di Milano, ultimo Q.G. della RSI che nessuno difende.. Il Comando della Divisione ”Decima”, costituita il 27 aprile 1944 ad Ivrea (AO) agli ordini di Umberto Bardelli, già Comandante sul Fronte di Nettunia del Battaglione “Barbarigo” e ucciso nell’agguato di Ozegna (TO), smobilita il 26 aprile 1945 in Piazza Fiume, a Milano.
Dal 12 maggio è un PW dei britannici a Roma-Cinecittà, poi è trasferito in prigioni italiane, a Procida e a Roma (Forte Boccea e Regina Coeli). Sottoposto a Tribunale Militare, a una domanda dei Giudici sulle Forze Armate della RSI risponde:“la funzione amministrativa dipendeva da Graziani, quella operativa dalle Autorità germaniche. Wolff era responsabile dell’ordine pubblico. Nessuno prendeva parte ad azioni senza un beneplacito tedesco”. Il processo, svoltosi a Roma e con i previsti condoni su 12 anni di reclusione, termina il 17 febbraio 1949 con la scarcerazione.
Sospeso dal Servizio dal Decreto Luogotenenziale n.. 249. del 5 ottobre 1944 e degradato a Marinaio dal 21 giugno 1945 perché cancellato dal ruolo Ufficiali dal Decreto n. 294 del 26 aprile 1945, ottiene la riabilitazione civile il 4 dicembre 1958. Segue quella militare, il 23 settembre 1959, con reintegro nel grado di Capitano di Fregata e ripristino della M. d’ O. conferita il 2 gennaio 1941, ma non della Croce di Cavaliere dell’Ordine
Militare del 2 marzo 1942. Nessuno ha potuto togliergli la Croce di Ferro di 1^ Classe (8 settembre 1944) e quella di 2^ Classe (1 giugno 1942).
 Evita, perché in Spagna, un mandato di cattura del 19 marzo 1972 per “insurrezione armata” (7 dicembre 1970). Una intossicazione alimentare gli è fatale il 26 agosto 1974, a Cadice. Solenni i funerali a Roma ma, per abuso di potere del Ministro dell’Intento, non su un affusto di cannone.
Altre decorazioni e riconoscimenti per merito di guerra:
- Medaglia di Bronzo al Valore Militare (Mediterraneo occidentale, febbraio   1938);
- Cavaliere dell'Ordine Militare d'Italia (Mediterraneo orientale, dicembre 1941);
- Promozione al grado di Capitano di Fregata (1941).

“Anch’io, in quei giorni del settembre 1943, fui chiamato ad una scelta. E decisi la mia scelta. Non me ne sono mai pentito. Anzi, quella scelta segna nella mia vita il punto culminante, del quale vado più fiero. E nel momento della scelta, ho deciso di giocare la partita più difficile, la più dura, la più ingrata. La partita che non mi avrebbe aperto nessuna strada ai valori materiali, terreni, ma che mi avrebbe dato un carattere di spiritualità e di pulizia morale al quale nessuna altra strada avrebbe potuto portarmi. In ogni guerra, la questione di fondo non è tanto di vincere o di perdere, di vivere o di morire; ma di come si vince, di come si perde, di come si vive,  di come si muore. Una guerra si può perdere ma con dignità e lealtà. La resa e il tradimento bollano per secoli un popolo davanti al mondo”.

Sono parole di Junio Valerio Borghese. Sommergibilista, Tenente di Vascello, comandante della storica X Flottiglia Mas. Nei giorni successivi all’8 settembre Borghese fa a sua scelta, chiara, inequivocabile: “All’8 settembre, al comunicato di Badoglio, piansi. Piansi e non ho mai più pianto … Perché quello che c’era da soffrire per ciò che l’Italia avrebbe vissuto come suo avvenire, io l’ho sofferto allora. Quel giorno io ho visto il dramma che cominciava per questa nostra disgraziata nazione che non aveva più amici, non aveva più alleati, non aveva più l’onore ed era additata al disprezzo di tutto il mondo per essere incapace di battersi anche nella situazione avversa”.

La resa dell’8 settembre non è una bella pagina nella storia d’Italia. Lo stesso Dwight D. Eisenhower, comandante in capo delle Forze Alleate, scrive nel suo Diario di guerra che ‘la resa dell’Italia fu uno sporco affare. Tutte le nazioni elencano nella loro storia guerre vinte e guerre perse, ma l’Italia è la sola ad avere perduto questa guerra con disonore salvato, solo in parte, dal sacrificio dei combattenti della Repubblica Sociale Italiana”. E infatti è convinzione di Borghese che il re e Badoglio, con la firma dell’armistizio, abbiamo abdicato ogni autorità, avendo commesso un tradimento nei confronti del popolo italiano, rinunciando a salvaguardare la civiltà europea dal predominio americano e sovietico. Non solo: l’Italia ha perso di credibilità sia nei confronti dell’alleato che del nemico “per il disprezzo sia degli alleati traditi che dei vincitori con cui si cerca, vilmente, di accordarsi”. È interessante anche un’altra affermazione di Borghese: “non mi sembra che tali convincimenti e sentimenti abbiano un’impronta fascista: appartengono al patrimonio ideale e morale di chiunque”. E ancora: “fu fascista la RSI? Per me, la RSI rispose ad un’esigenza morale e nazionale; avrebbe potuto formarsi anche senza Mussolini. Non va confusa con il fascismo tradizionale. Alla RSI aderirono uomini che non erano mai stati fascisti e si trovarono a fianco con fascisti del Ventennio per un ideale più alto di quello di un partito”, come riferisce Ruggero Zangrandi nel suo “1943: 25 luglio-8 settembre” edito da Feltrinelli.

“… L’esperienza per me più interessante ed importante dal punto di vista politico, formativo e dell’esistenza – dice ancora il Principe Nero – è stata quella successiva all’8 settembre. Prima era tutto piuttosto semplice. Si trattava di compiere il proprio dovere senza scelte personali. non c’erano problemi. L’8 settembre ci ha messo di fronte a molti dilemmi, a esami di coscienza, alle responsabilità da prendersi verso noi stessi, verso le istituzioni alle quali appartenevamo, per me la Marina, e verso gli uomini che da noi dipendevano. Quindi, da quel momento, hanno cominciato a pesare fattori di ordine spirituale e politico”.  

Le sue numerose operazioni eroiche e il tentato golpe del 1970, intorno al quale sono fiorite le più varie ipotesi e di cui si è a lungo favoleggiato, fanno di lui un personaggio romanzesco e a tratti misterioso.

Cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia, Medaglia d’oro e di bronzo al valor militare, Medaglia commemorativa della guerra di Spagna, Medaglia d’argento al valor militare nella RSI, Croce di Ferro di 1 classe, Croce di Ferro di 2 classe, Junio Valeri o Borghese, il Principe Nero, è uno dei personaggi più affascinanti della storia del Novecento.
Un nucleo della Marina della Repubblica Sociale Italiana si costituì a opera soprattutto di Junio Valerio Borghese (MOVM), che raccolse nella X Flottiglia Mas fascista coloro che erano in armi in quel reparto prima dell'otto settembre e coloro che vi aderirono volontari dopo l'armistizio.
La X Flottiglia Mas aveva sede a La Spezia ( con la 1° Flottiglia Mas) e la continuò a mantenere il suo comando, raccogliendo una piccola parte dei battelli che riuscì a sottrarre ai tedeschi e quanto, nei porti vi
cini era sfuggito all'attenta razzia dell'ex alleato.
Ricostituito un governo fascista dopo la liberazione di Mussolini, il ministro della Difesa, maresciallo Graziani, nominò sottosegretario alla Marina la medaglia d'oro Antonio Legnani, che l'8 settembre comandava la Squadra sommergibili e che si era schierato per Salò.
Ma Legnani rimase ucciso quasi subito, il 20 ottobre 1
943, in un incidente d'auto e al suo posto fu chiamato un altro ammiraglio Ferruccio Ferrini.
Egli si scontrò ben presto con l'indisciplinato, ma potente Borghese e giunse al punto di farlo arrestare; ne pagò quasi subito le conseguenze quando il comandante della X Mas fu immediatamente liberato per ordine di Mussolini, mentre Ferrini perdeva il posto.
Nuovo sottosegretario alla Marina divenne l'ammiraglio Giuseppe Sparzani, a sua volta silurato per ordine dei tedeschi, dopo la fucilazione da parte d
i costoro,a Genova dei comandanti della marina della RSI, Carlo Ungheer Loewmberg e il comandante in seconda Alfredo Fellner nel quadro di una feroce rappresaglia, sotto una falsa accusa di abbandono del posto, senza che le autorità fasciste fossero nemmeno avvisate del fatto.
A Sparzani successe la medaglia d'oro Bruno Gemelli, che rivestiva già varie cariche nel partito e che rimase a quel posto fino al termine del conflitto. Sul piano militare, la Marina di Salò non ebbe praticamente consistenza. Al di là di qualche mezzo d'assalto, di qualche Mas e di qualche imbarcazione di piccolo tonnellaggi, essa non disponeva di unità che le potessero consentire azioni vere e proprie.
La stessa X Mas, che bene o male aveva recuperato lungo il litorale ligure nei giorni successivi all'otto settembre, divenne ben presto una formazione di terra, dedicandosi pr
evalentemente alla lotta contro i partigiani e macchiandosi di numerose efferatezze. Un suo battaglione il "Barbarigo*" combattè sul fronte di Anzio e di Nettuno, ma come fanteria di Marina. Una delle quattro divisioni reclutate dai fascisti e addestrate in Germania si intitolò al glorioso nome di "San Marco" patrimonio della nostra Marina: ma anche in questo caso si trattò di fanteria che non trovarono mai impiego e che si dissolsero tra diserzioni e abbandoni di posto, prima di sciogliersi al momento della liberazione.

Un reparto organico della Marina della RSI fu
la squadriglia "Castagnacci" formata dai Mas 505,553,556 e 561.
Di questi, il 561 l'otto
settembre si trovava a Varazze sullo scalo di alaggio per riparazioni.
Fu catturato dai tedeschi e nel maggio1944 trasferito da essi ai fascisti, pur continuando ufficialmente a far parte della Marina germanica ( come del resto quasi tutte le unità della RSI).
Il "Castagnacci" era un
reparto della X flottiglia Mas: dei suoi quattro mezzi d'assalto, il 561 fu affondato il 23 aprile 1945, nel corso di un agguato notturno da parte di motosiluranti alleate nell'alto Tirreno. Gli altri tre vennero autoaffondati nel bacino di Porto Maurizio il giorno successivo, quando ormai mancavano poche ore alle conclusione della guerra in Italia.

 

 
 
 
 
 

 
 
 

 
IL FUNERALE
 
LA CRIPTA DELLA  FAMIGLIA BORGHESE


 
 



 
5 GIUGNO 1953 COMIZIO DEL PRINCIPE BORGHESE A ROMA

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