Epopea Risorgimentale Italiana

camillo benso conte di cavour

 

 

 

«L'unica vera lotto della Storia e quella pro o contro la Chiesa di Cristo».


San Giovanni Bosco (1815-1888).

 

La guerra di conquista piemontese della penisola, passata alla storia col nome di «Risorgimento», dove il mito unitario fu la foglia di fico che lasciava scoperto un processo espansionistico programmaticamente realizzato attraverso successive aggressioni ad altri Stati sovrani - nella più perfetta trasgressione del diritto dei popoli allora vigente - ha costituito, e costituisce, per la classe politica dominante un dogma intoccabile, la cui «verità» storica è inconcussa. E se qualcuno ardisce «parlar male di Garibaldi», pur anche sulla scorta di solida e stringente documentazione, scatta la massiccia presa di posizione degli storici depositari del verbo ufficiale che, col concorso di una legione di pseudo-intellettuali organici, si precipitano ad appianare fin ogni piccola asperità della piatta strada del conformismo massonico, ristabilendo così il trito monolitismo culturale dell'establishmentÈ un fatto corrente, ma, vien da chiedersi: perché ancora tale accanimento nell'anno di poca grazia del Signore 1990? Notizie come quella apparsa su Il Corriere della Sera, del 20 aprile 1990 a riguardo dei protagonisti risorgimentali, definiti «per la maggior parte dei massoni, degli avventurieri» non sono una novità. Già Antonio Gramsci (1891-1937) bollava questi personaggi come «quella banda di avventurieri senza coscienza e senza pudore che, dopo aver fatto l'Italia, l'hanno divorata» 2. Forse in epoca democratica, di consenso di massa, non si vuol che si inneschi una revisione culturale di quel periodo, revisione che potrebbe rivelare come il grande assente del movimento risorgimentale fosse proprio quel popolo italiano che, fedele alla religione e alle tradizioni dei padri, dovette contribuire, con sangue e lacrime, specie al Sud, alla distruzione dei proprî ordinamenti e della propria memoria storica: i consensi elettorali espressi nell'Italia meridionale dopo la conquista piemontese la dicono lunga in proposito 3. Anzi, è corretto parlare di vera persecuzione della religione: a partire dal 1850, infatti, il piccolo Piemonte, strumento dell'onnipotente Massoneria inglese guidata da Lord Palmerston (1784-1865), succube della Francia e della Prussia bismarckiana, scatenava una persecuzione contro la Chiesa - e quindi contro la totalità del popolo italiano - che sarebbe durata decenni, giungendo a strappare al successore di Pietro i mezzi temporali per guidare la navicella della Chiesa senza dover dipendere dai pesanti condizionamenti di un potere laicista avverso e consolidato a livello europeo. Il giornalista Antonio Socci, in un interessante saggio sul tema, parla a ragione di «genocidio spirituale» di un popolo impregnato da secoli di cattolicesimo tridentino e della sistematica sostituzione ai valori cristiani di quelli «civili» - leggi massonici - veicolati attraverso le due grandi istituzioni, la Scuola e l'Esercito, per forgiare l'uomo nuovo, il nuovo cittadino dell'Italia unitaria.

 

lord palmerston antonio gramsci antonio socci
Lord Palmerston Antonio Gramsci Antonio Socci

 

Cuore e Pinocchio 4 sono due opere emblematiche, intrise di sentimentalismo ottocentesco, capisaldi per antonomasia dell'operazione di rieducazione del popolo-bambino che, a fatica dopo secoli di tenebrosa superstizione cattolica, schiude gli occhi alla nuova luce del progresso e della pace. Pace invero sofferta: ché in realtà chi ne fece le spese nei territori «liberati» per poter camminare su queste vie, fu la povera gente, la cui sussistenza derivava in gran parte dagli usi civici delle terre demaniali ed ecclesiastiche 5, istituzioni secolari e collaudate che costituivano l'ossatura dell'economia agricola dei villaggi. Il governo piemontese, con la Legge Siccardi del 1850, la legge che sopprimeva gli ordini religiosi nel 1855, e successivi provvedimenti, una volta impadronitosi delle terre le rivendette a prezzi stracciati a voraci latifondisti che in breve ridussero il contadino all'indigenza più disperata; a ciò si aggiunga che lo Stato liberale fece piazza pulita di tutti quei corpi intermedi creati col lavoro di generazioni secondo l'ordine naturale, che per secoli avevano difeso il più debole contro i soprusi dei potenti, sostituendoli con un potere arrogante, accentratore e assoluto che cancellava ogni diritto salvo quello dei grandi proprietari terrieri e dei mercanti. Né al Nord si stava meglio: malattie, francesco nittisangue (30.000 morti solo nelle battaglie del 1859 di Solferino e San Martino) e miseria erano di casa; l'incidenza delle spese militari piemontesi nel 1860 si attestava al 61.6% della spesa totale globale, mentre la percentuale riservata alle strutture di pubblica assistenza era del 2%! Il debito pubblico del Piemonte nello stesso periodo aveva sfondato il tetto di un miliardo di allora, ripartito su soli quattro milioni di abitanti. Lo stesso Francesco Nitti (1868-1953), massone, avrebbe più tardi riconosciuto che «prima del 1860 era (al Sud) più grande ricchezza che in quasi tutte le regioni del Nord» 6. Ma la pagina più emblematica dell'«epopea» risorgimentale fu la conquista del Sud, di un regno libero e indipendente fin dal 1734, guidato da un re italiano con un popolo pacifico, ingegnoso e relativamente prospero, una flotta seconda in Europa solo a quella inglese, dotata di ben 472 navi, un debito pubblico minimo, notevoli riserve auree, grandi opere civili in corso e le tasse più leggere d'Europa 7. Un popolo che in pochi anni viene schiacciato sotto il tallone di ferro e ridotto ed obbligato ad un esodo di proporzioni bibliche verso lidi lontanissimi e spesso inospitali. Fra il 1876 e il 1914 il numero di italiani meridionali che dovette abbandonare per la miseria la propria terra toccò i quattordici milioni. La colonia meridionale non si piegò subito e, a qualche mese dall'invasione, metà dell'esercito piemontese - 120.000 baionette - fu sanguinosamente impegnato per alimentare una guerra fratricida, di repressione del «brigantaggio», secondo la definizione degli invasori, in realtà invece genuina legittima e sentita ribellione di un popolo che, alla stregua degli intrepidi vandeani e dei duri tirolesi diAndreas Hofer (1767-1810), non voleva saperne di essere «liberato» 8. Le cifre parlano da sole: «Dal gennaio all'ottobre del 1861, si contavano nell'ex-Regno delle Due Sicilie 9.860 fucilati, 10.604 feriti, 918 case arse, sei paesi bruciati, dodici chiese predate, quaranta donne e sessanta ragazzi uccisi, 13.629 imprigionati, 1.428 comuni sorti in armi» 9. Una guerra sorda e feroce che continuò per anni in cui «il numero di coloro che morirono [...] fu superiore a quello di tutte le guerre del Risorgimento messe insieme» 10. Né, naturalmente, fu risparmiato il clero: Sessantasei Vescovi arrestati e processati nel solo 1860, seguiti nei quattro anni successivi da nove Cardinali, fra cui il futuro Papa Pecci, Leone XIII (1810-1903),sessantaquattro sacerdoti e ventidue frati fucilati. Ciò che appare paradossale in questa fosca pagina di Storia nazionale è che i teorizzatori liberali dello Stato piemontese, le cui dottrine hegeliane sullo Stato etico furono all'origine dell'invasione del Sud, non furono piemontesi, bensì napoletani. I loro nomi: Francesco de Sanctis (1817-1883), nel 1859 assurto al 18° Grado del Rito Scozzese, Grado di Cavaliere Rosacroce 11Bertrando Spaventa (1817-1883), che nel 1851 tuonava al Parlamento di Torino «contro la libertà di insegnamento e per una totale e assoluta statalizzazione dell'educazione» 12. Pasquale Stanislao Mancini (1817-1888), vera mente giuridica dello Stato liberale piemontese, il cui pensiero in tema di libertà individuale era il seguente: «Il pluralismo scolastico è un diritto di libertà del singolo, ma in Italia noi lo osteggiamo perché applicarlo significherebbe consegnare la scuola nelle mani dei cattolici» 13; e ancora: Silvio Spaventa, Ruggero Bonghi, Angelo e Camillo De Meis.

 

francesco de sanctis bertrando spaventa pasquale stanislao mancini
Francesco de Sanctis Bertrando Spaventa Pasquale S.Mancini
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