Siamo persone, basta divisione di genere.

Pubblicato il: ven, mar 8th, 2013
 

Siamo persone, basta divisione di genere.

 

Ho partecipato con gioia e onore a questo video, una foto per metterci la faccia con loro va bene!

Loro sono Adriana Tisselli, Laura Besana e Roberto Castelli . Loro sono persone.

 

Essere Donna, significa avere risolto i conflitti di ruolo e di genere, significa guardare alla vita con uno sguardo che nell’amore rivede mettere in gioco il valore della vita stessa. Essere Donna significa anche condivisione e consapevolezza e che il genere maschile rappresenta un naturale “luogo” col quale riunirsi e vivere in armonia insieme a tutti i figli, ma significa anche autonomia e possibilità di rappresentare se stesse come persone che non si riconoscono più nel solo ruolo fatto di differenze di genere, da troppi interessi volti a ridurre la donna nella dimensione di “vittima predestinata” di “essere” debole. Non giova nè a donne nè a uomini la separazione in mondi contrapposti ed il conflitto di genere è solo funzionale a perpetrare la disuguaglianza e a far vivere peggio gli esseri umani. Chi divide è perché vuole “imperare”… Noi preferiamo vivere e proporre una nuova stagione di armonia e rinnovata serenità.
MFPG – Movimento Femminile per la Parità Genitoriale

persone_gruppo_1

 

Io detesto queste ricorrenze, l’otto marzo mi sembra tanto il giorno delle sfigate, disgraziate, debolucce… insomma da farle una giornata che non hanno nulla. Per marzo 2010, per un mensile offline, scrissi un pezzo, rileggendolo lo trovo attuale, quasi più che se lo avessi appena scritto. Ve lo ripropongo volentieri.

Ci risiamo: chi sostiene che di donne se ne parla troppo, chi poco, io ritengo che se ne parla male!

So bene, benissimo, che non basta l’8 marzo per farci sentire “amate”, ma riflettevo su come amare una donna… non è facile di certo!

Mi sorge anche un dubbio, noi diamo i giusti spunti per farci apprezzare e trattare non solo da femmine, ma in primis da persone? Ora non voglio aprire un processo alla televisione, alle veline, agli status imposti né alla “k” che sostituisce “ch” (come okki invece che occhi, “ke” invece di “che”, “ttt” al posto di “tutti”); anche se sinceramente di questi testi resi incomprensibili personalmente non ne posso più!

E di certo non è atteggiamento prettamente femminile ma un giorno, in aeroporto, mi sono imbattuta in un gruppetto di amiche che partivano verso qualche spiaggia esotica pronte a festeggiare “la nostra giornata”, mi avvicino ed ascolto i loro discorsi, parlano dell’importanza sociale di certi programmi televisivi, di come sia quasi indispensabile il confronto con certe “icone televisive” e degli
abiti della presentatrice del recente Festival della Canzone!

Mi allontano e corre il mio pensiero a Suor Arcangela Tarabotti (1604-1652), al secolo Elena Cassandra è il massimo esponente femminile letterario dell’epoca, rinchiusa dalla famiglia in un monastero di clausura varca ogni confine e riesce, in un lungo e travagliato percorso, ad imporsi come scrittrice. Visse il suo inferno monacale sin da ragazza, obbligata al monastero di Sant’Anna di Venezia, dove passò il resto della vita. Autodidatta impiegò il suo talento per mettere alla conoscenza del mondo i motivi politici ed economici alla base della monacazione forzata denunciando le ingiustizie, i soprusi, le violenze, le privazioni che subivano da parte degli uomini. Per esempio era loro negata la possibilità di avvicinarsi agli studi, la Tarabotti, nonostante gli intralci fisici e morali imposti dalla sua condizione monacale è stata in grado di stabilire contatti letterari e politici di massima importanza e di legittimare se stessa come scrittrice. In questo modo le sue opere costituiscono un caso letterario e storico unico ed ha vissuto difendendo le donne e denunciando le sopraffazioni, gli obblighi e le astinenze che esse subivano.

Suor Arcangela ha così dato una speranza, molte possibilità ed il riconoscimento di diritti alle donne. Oggi, in un tempo ben lontano, possiamo affermare che senza di lei non “godremmo” dei video amatoriali delle improvvisate ballerine su Youtube, o patiremmo la mancanza dello smalto fluorescente? O forse la coraggiosa veneziana ora si sta domandando

“ho sofferto per questo? Ne è valsa la pena?”

Di certo sì, ne è valsa la pena ma forse oggi non si conoscono i limiti, oggi senza impedimenti e senza obblighi -a quanto pare- si può utilizzare l’immagine di una donna quasi in ogni modo? E non siamo nel 1600 quando le famiglie imponevano una vita, una non vita, privazioni, violenze e sottomissione, oggi sono le stesse donne (no, non tutte) di queste nuove generazioni che creano di se stesse un’immagine frivola, ignorante, semplicemente stupida e spesso, troppo spesso, sono loro stesse a perpetuare ed avallare la vecchia e rimacinata storia che la donna è solo un oggetto e come tale può vendersi per ottenere ciò che desidera. Che farebbe la nostra coraggiosa suora se potesse in qualche modo visionare queste videoriprese amatoriali? Se lei fosse qua in quest’istante si metterebbe a scrivere un articolo per denunciare una situazione tragicomica o partirebbe alla ricerca di spiegazioni?

So cosa ho fatto io, mi sono interrogata, documentata e bevuta una tisana cercando di riflettere.

Che senso può avere tutto questo? Non ho trovato nessuna risposta solo sconcerto e avvilimento. Vado quindi a cercare altre donne con le quali confrontarmi e paragonare me stessa e chi mi circonda, ci sono eccome, e questo mi fa ben sperare che, prima o poi…

 

 

 

Un concentrato di razionale fatalismo!
Vivi e non lasciarti vivere mai! non smettere di cercare quel che ami, o finirai per amare quel che trovi … 27 aprile 2012, ho trovato quello che cercavo, lo amo e lo tengo!

Facebook Twitter LinkedIn Google+ YouTube

 

Newsletter

Iscriviti alla nostra Newsletter:

Sondaggio

ti piace il mio sito metti un voto

si 1.153 95%
no 64 5%

Voti totali: 1217