Si impiegano le lodi come i soldi, purché ci siano restituite con gli interessi
(Jules Renard)
Tratto da: "Non è crisi, è truffa!" (Edizioni SI)
Spesso sentiamo parlare di agenzie di rating che retrocedono un giudizio da AAA ad AA+ nel confronti di società o addirittura dell’operato di un Paese e del suo debito pubblico. Cos’è il rating? Chi sono queste agenzie di rating? E, soprattutto, a chi giovano?
Iniziamo a rispondere alla prima domanda: il rating è una classificazione del rischio creditizio legato a un titolo obbligazionario o a un'impresa. Viene assegnato attraverso un voto espresso con una o più lettere. I giudizi con la ‘A’ indicano un’elevata capacità di ripagare il debito, quelli con la ‘B’ indicano un’adeguata capacità di rimborso, che però potrebbe peggiorare ed, infine, i voti contenenti le lettere ‘C’ o ‘D’ rappresentano un debito altamente speculativo o una società insolvente. In sostanza, se il rating diminuisce il rischio di rimborso aumenta e quindi l'emittente il titolo dovrà promettere una remunerazione più elevata.
Succede così che, se un’agenzia abbassa il rating di uno Stato da A- a BBB+ e comunica che potrebbe ribassarlo ulteriormente. Così innesca una grave crisi, poiché afferma che le obbligazioni emesse da quel Paese hanno un rischio più elevato di prima e, quindi, il capitale investito potrebbe non essere più rimborsato. A questo punto, gli investitori di quel Paese non investiranno più in titoli statali e per il Paese diventa molto più oneroso avere soldi in prestito per finanziare la propria, e tutto ciò a lungo andare potrebbe portarlo alla bancarotta.
Tra le più famose agenzie di rating troviamo Moody’s, Standard & Poor’s,Fitch, le quali hanno svolto un ruolo cruciale nel funzionamento dei mercati finanziari internazionali. In tutto il mondo i loro rating sono una delle principali preoccupazioni di debitori sovrani (Stati), autorità municipali, banche e imprese. Una attività che si è dimostrata molto utile nel valutare il merito dei debitori ma che, talora, specie con il verificarsi delle crisi finanziarie, è stata messa in discussione: sono arrivate in ritardo e sono state ‘procicliche’ durante la crisi asiatica, non hanno previsto per tempo i mega-fallimenti di imprese come Enron, WorldCom e Parmalat.
Negli ultimi anni, con la crisi dei subprime e del debito pubblico della Grecia, tali accuse si sono riaccese e amplificate(9).
Dopo la crisi del ’29 il rating sulle obbligazioni diventa obbligatorio: le banche, cioè, possono acquistare solo obbligazioni certificate dalle tre agenzie. È l’inizio di un’ascesa che non si è mai più arrestata: da decenni,chiunque voglia piazzare sul mercato un’obbligazione per autofinanziarsi (un’azienda, una banca, una compagnia di assicurazione, un fondo comune, uno Stato) deve cercare di strappare un voto positivo alle tre agenzie; senza quel voto, è sostanzialmente impossibile raccogliere denaro sul mercato(10).
Esse, quindi, col tempo hanno acquisito un notevole potere ed è indispensabile che ne venga garantita una solida e duratura indipendenza ed imparzialità. Un loro giudizio, indipendentemente da quanto sta realmente accadendo nella situazione economica dell'emittente, è in grado di modificare sostanzialmente le condizioni di accesso al credito da parte delle società, dato che orienta le scelte degli investitori.
E' pur vero però che in alcuni casi, verificatisi con troppa frequenza negli ultimi anni, il declassamento di una società (e quindi l’abbassamento del rating) avviene tardivamente, successivamente al deterioramento dell'equilibrio finanziario della società emittente l'obbligazione, sancendo quindi un cambiamento già avvenuto, e non anticipandone le evoluzioni come invece ci si aspetterebbe. Questo spiazza profondamente gli investitori, specie quelli più piccoli ed inesperti, mettendo a rischio la validità di queste, pur importanti, agenzie. Per fare un esempio, è come se il proprietario chiudesse a chiave la cassaforte quando i ladri l’hanno già derubato. Per passare invece ad un esempio pratico citiamo il caso
della Lehman Bank. Il fallimento di Lehman è il più grande nella storia delle bancarotte mondiali. Ha superato infatti il crac di WorldCom, il gruppo telefonico che finì in amministrazione controllata nel 2002. La Lehman Bank ha realizzato un debito pari a circa 613 miliardi di dollari. Come si comportarono le agenzie di rating in quel frangente?
Il rating applicato alla banca dei fratelli Lehman poco prima del suo fallimento era di notevole affidabilità: ‘A2’ per Moody’s, ‘A’ per Standard & Poor’s, ‘A’ per Fitch. Ciò ha tratto in inganno tantissimi investitori.
Il 2 agosto 2011, negli Stati Uniti, scadeva il termine per decidere circa il ‘debt ceiling’, ossia la soglia del debito americano fissata per legge: se non si fosse trovato un accordo politico tra Democratici e Repubblicani, gli USA sarebbero finiti in default. Le tre agenzie già annunciavano l'apocalisse e un taglio netto del rating americano. Il 2 agosto la farsa del debt ceiling ebbe fine, si autorizzò un nuovo debito per 2.100 miliardi e tagli di spesa per quasi 2.500 miliardi. L'accordo passò alla Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti con 269 voti a favore e 161 contrari, e passò al Senato con 74 sì e 26 no.
La legge adesso garantisce immediatamente al Tesoro la possibilità di aumentare di 400 miliardi l'indebitamento. Il giorno stesso l'agenzia Moody's, che nei giorni precedenti aveva minacciato un declassamento del rating americano, conferma invece una tripla A sul debito(11) proprio per premiare Obama che aveva concesso ai banchieri di indebitare gli americani oltre la soglia dei 14,3 trilioni di dollari.
Con la deregolamentazione dell'economia, queste agenzie sono diventate il grande fratello finanziario e hanno progressivamente accumulato un potere immenso, determinando le decisioni di tutti gli attori economici.
Adesso, persino i debitori pagano per avere un 'voto' prima di emettere un'obbligazione o attingere a qualsiasi altra forma di credito. Insomma,per poter comprare o vendere, per prendere o dare in prestito, bisogna pagare il 'pizzo' per ricevere la protezione, o il semplice riconoscimento da parte di questi nuovi potentati economici che, dopo aver provocato la più grande bolla speculativa mondiale, continuano indisturbati con i parametri del loro tornaconto a manovrare i mercati.
Chi sono queste tre sorelle capaci di acquisire tanto potere nel corso di questi anni ed essere le corresponsabili di tanti giudizi che si sono poi rivelati così distanti dalla realtà economica-finanziaria?
Prima di tutto va sottolineato che le tre sorelle sono delle entità private strutturate come società per azioni, e quindi parte della logica di mercato, e sottoposte al principio del massimo profitto possibile(12). Inoltre, e risulterà chiaro da una sintetica analisi delle loro strutture dirigenziali, hanno partecipazioni dirette, anche attraverso i membri dei loro consigli direttivi, Board of Directors, nelle più grandi corporations internazionali e delle più grandi banche internazionali, pesantemente coinvolte nelle operazioni di finanza derivata, cioè in quelle speculazioni finanziarie principalmente responsabili delle bolle, appunto. speculative e dell’attuale crisi finanziaria sistemica globale.
La Standard & Poor’s (S&P) è sussidiaria della multinazionale McGraw-Hill Companies, con sede centrale a New York, colosso delle comunicazioni, dell’editoria, delle costruzioni e presente in quasi tutti i settori economici. La multinazionale, proprietaria anche di Business Week, nel 2005 vantava un fatturato di 6 miliardi e un profitto di 844 milioni di dollari. Il presidente di McGraw-Hill è Harold McGraw III che è, tra le altre cose, contemporaneamente membro del Board of Directors della United Technology (multinazionale degli armamenti) e della ConocoPhillips (petrolio ed energia). È stato anche membro del Transition Advisory Committe on Trade,sotto il governo di George W. Bush.
Tra i membri del Board of Directors della McGraw-Hill, che decidono quindi anche dell’attività della S&P, troviamo: Sir Winfried Bishoff, presidente della Citigroup Europa e uomo di punta della Henry Schroder Bank di Londra; Dougals N. Daft, presidente della Coca-Cola Co.; Hilde
Ochoa-Brillenmbourg, alto responsabile della Credit Union del FMIWorld Bank; James H. Ross, della British Petroleum; Edward B. Rust Jr., presidente dell’assicurazione State Farm Insurance Company (gigante del settore assicurativo, bancario e immobiliare, criticato per le politiche troppo disinvolte dopo l’urgano Katrina), direttore della Helmyck & Payne,colosso del settore petrolifero e già membro del Transition Advisory Team Committee on Education della presidenza di George W. Bush (padre); Sidney Taurel, presidente della farmaceutica Eli Lilly (che in passato ha vantato tra i suoi dirigenti anche Kenneth Lay, condannato per la bancarotta della Enron) e direttore dell’IBM, già membro nel 2002 dell’Homeland Security Advisory Council (l’apparato dell’antiterrorismo).
L’agenzia di rating Fitch di New York è sussidiaria della multinazionale dei servizi finanziari Fimalac, con sede centrale a Parigi. Nel 2005 lamultinazionale americana delle comunicazioni Hearst Corporation ha rilevato il 20% del pacchetto azionario. Il suo presidente è Marc Ladreit
de Lacharriere, uomo della Renault e della Banque Suez. Benché si sia sviluppata con molte acquisizioni, Fitch rimane la più piccoladelle tre sorelle. La sua quota di mercato è intorno al 16%, contro il 40% di Standard & Poor's e il 39% di Moody's.
Tra i membri del Board of Directors troviamo: David Dautresme della banca Lazard Freres; Philippe Lagayette della JPMorgan & Cie; Bernard Mirat della Cholet-Dupont (finanza); Bernard Pierre della Fremapi (metalli preziosi). La Fimalac vanta anche un International Advisory Board per dare più lustro e potere alla multinazionale, che nel 2002 annoverava, tra gli altri: Felix Rohatyn della Lazard Freres, l’uomo che ha smantellato l’industria americana dell’auto, Sholley della UBS Warburg, Reimnits della Kommerz Bank, Peberan della Parisbas, rappresentanti della Nestlè, della Bentelsmann e anche l’ex presidente della Federal Reserve americana Paul Volker e l’italiano Lamberto Dini. Moody’s è sussidiaria della Moody’s Corporation, con sede centrale a New York. Il presidente è Raymond W. McDaniel Jr.
Tra i membri del Board of Directors troviamo: Basil L. Anderson della Stables Inc. e della Hasbro Inc (due giganti del settore vendite e servizi);Robert Glauber della ING Group (settore bancario e assicurativo con base in Olanda), già sottosegretario del ministero delle finanze americano nel periodo 1989-92; Henry Mc Kinnell, della multinazionale farmaceutica Pfizer e della Exxon Mobil (petrolio); Nancy S. Newcomb della Citigroup e della Sysco Corporation (settore alimentare); John K. Wulff, della multinazionale chimica Herculer, della KPMG (la multinazionale di consulenza finanziaria e di certificazione dei bilanci), della Sunoco (petrolio) e della Fannie Mae (che, insieme alla Freddie-Mac, detiene quasi per intero il pacchetto ipotecario immobiliare americano).
Le tre sorelle quindi, non sono solamente l’espressione dell’intreccio dominante delle multinazionali ma, in particolar modo, sono una struttura organizzata delle principali banche del pianeta che controllano il sistema finanziario e debitorio delle nazioni e tutti i settori dell’economia sia privata che pubblica. Tuttavia, la cosa che si vuole con precisione sottolineare è l’influenza determinante esercitata sulle tre sorelle da quella finanza altamente speculativa che è responsabile della gigantesca bolla in derivati finanziari che ha precipitato il mondo intero in un processo di crisi sistemica(13). Inoltre, le tre sorelle ormai sembrano formare una sorta di oligopolio del rating, visto che di recente la SEC(14), ossia la Consob americana, ha respinto la richiesta dell'agenzia di rating cinese Dagong Global Credit Rating (interamente detenuta dal governo cinese) di essere registrata come un'organizzazione di rating riconosciuta ufficialmente (Nrsro15). Dagong sostiene che la Cina, in qualità di maggior creditore degli Usa, deve condividere il potere nel settore del rating sul mercato americano, proprio alla luce del rilevante livello delle riserve cinesi che ammontano a 2.450 miliardi di dollari.
Perché parlando di rating si parla ormai costantemente anche di conflitto di interessi? Per rispondere a questo quesito occorre farsi un’altra domanda: chi paga le agenzie di rating?
Il loro capitale azionario è in mano a fondi di investimento o emanazioni di banche d’affari, ma a remunerarle sono gli stessi soggetti (aziende, banche, fondi, Stati) che aspirano a immettere obbligazioni sul mercato finanziario. Un po’ come se uno studente universitario pagasse il suo
professore prima di sostenere l’esame. Al di là del palese conflitto di interessi, vi è l’effetto bolla, cui le tre agenzie sembrano a loro volta soggette: quando le Borse vanno a gonfie vele,quando tutti comprano e si indebitano, le tre agenzie tendono a regalare voti alti a tutti; quando la tendenza si inverte, declassano senza pietà.
Ma accade anche il contrario, ovvero il sospetto ritardo nell’abbassare il rating o, peggio, la manifesta complicità nel dare pagelle eccellenti a titoli spazzatura truffando gli investitori a beneficio delle banche d’affari. La magistratura italiana ha aperto un’inchiesta sulla speculazione nei mercati borsistici e nel mercato secondario dei titoli di Stato seguita alla diffusione di rating sull’Italia.
Sulla manovra correttiva approvata nel luglio 2011. Il pm di Trani Michele Ruggiero, che aveva già aperto un’ inchiesta sulle agenzie di rating nel passato, l’ha ampliata anche alla possibile speculazione avvenuta tra giugno\luglio 2011: la procura pugliese dal giugno 2010 indaga su Moody’ s, a causa di un report diffuso nel maggio 2010, su denuncia di Adusbef e Federconsumatori, e dal maggio 2011 ha aperto un’indagine anche su Standard & Poor’s. Ruggiero, che intende coordinarsi anche con le procure di Milano e Roma, alle quali Adusbef
e Federconsumatori avevano fatto recapitare analoghi esposti denunce, sta cercando di fare luce sull’intera vicenda e capire se dietro le manovre speculative su Piazza Affari esista un disegno preciso di hedge fund e di altri soggetti non identificati che possa collegarsi in qualche modo ai giudizi negativi espressi sui conti pubblici italiani dalle agenzie di rating(16).
Anche dalle Istituzioni italiane è sembrata arrivare una stretta all’azione delle agenzie(17), accusate di aver contribuito ad acuire la crisi finanziaria, spaventando i mercati. Il consiglio dei ministri, in attuazione del regolamento comunitario 1060 del 2009, ha varato il decreto che attribuisce alla Consob(18) le competenze sulla vigilanza delle agenzie dirating che operano in Italia, con uno scambio diretto di informazioni con le autorità del settore (Bankitalia, Isvap e Covip).
La Consob quindi avrà potere di indagine e sanzionatorio su Standard&Poor's, Fitch, Moody's. Scatta, inoltre, l'obbligo di registrazione per coloro che intendono rilasciare pagelle su operatori del mercato europeo. Le agenzie di rating dovranno registrarsi presso la Consob ed
adeguare le proprie procedure interne. Cambiano anche le sanzioni: per chi non rispetta le condizioni dettate dai regolamenti europei per l'emissione del rating, o svolge abusivamente le attività riservate, ci sarà una multa da 5mila fino a 500mila euro.
Dobbiamo credere che queste sanzioni verranno veramente applicate?
Finché vige l’attuale situazione in conflitto di interessi, in cui l’emittente del titolo paga chi lo giudica, si presume che l’applicazione delle sanzioni sarà pura utopia. La realtà dei fatti è la seguente: le agenzie di rating altro non sono che delle ‘prostitute’ del sistema bancario. Gli Stati, avendo ceduto il potere di emettere moneta alle banche centrali private, sono costrette a emettere Titoli di Stato (bot, cct), gravati di interessi in cambio di moneta necessaria al soddisfacimento della spesa pubblica. Se uno Stato riceve, quindi, un rating negativo, sarà costretto a piegarsi ad un tasso di rendimento più elevato per rendere più ‘appetibile’ l’asta dei titoli venduti sul mercato ed evitare che l'asta di compravendita vada deserta. E’ quanto è avvenuto in un Paese come la Grecia sommerso dal peso del debito pubblico, che nel mese di aprile 2011 (19) ha raggiunto il 23% di rendimento sui titoli a due anni (20). A settembre 2011 i rendimenti degli stessi bond a due anni erano al 55,77%, e a novembre 2011, dopo l'annuncio di Atene di indire un referendum popolare sulle misure anticrisi, schizzò al record storico del 96,70% per i timori di un probabile default, portando il paese ad indebitarsi maggiormente col sistema bancario e a tagliare drasticamente la spesa pubblica a danno dei cittadini.
Stessa sorte toccherà a Portogallo, Irlanda, Spagna e Italia.
Salvatore Tamburro