Italia nella merda (ma d’artista): il kaos e gli scenari possibili

Con Beppe Grillo che “annuncia di ritirarsi dalla politica se i suoi dovessero approvare la fiducia al Governo”, il Pd che prova l’ultima carta dell’avvicinamento e Berlusconi intento a salvarsi la faccia dopo l’uveite e le visite fiscali che gli arrivano dal Tribunale di Milano il rischio che corre l’Italia è quello del caos. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano però ha parlato chiaro dicendo ai partiti di “trovare una soluzione in tempi brevi”. Di poche ore fa l’invito di Grillo a Bersani: “rinunci ai rimborsi elettorali come facciamo noi” . Segnale di apertura? Lo vedremo nei prossimi giorni.

 

di Viviana Pizzi

 

 

L’insediamento del nuovo parlamento è questione di giorni visto l’avvicinarsi della fatidica data del 15 marzo. Da allora ci saranno anche le consultazioni ufficiali tra i partiti e Napolitano dovrebbero aprirsi e dire al popolo quale sarà il futuro dell’Italia. L’unica cosa che sembra impossibile, visto che l’attuale Presidente della Repubblica non può sciogliere le Camere, è tornare al voto in tempi brevi come l’estate. La prima data possibile resta l’autunno.

Come arriveranno i principali partiti politici all’appuntamento di dover costruire un governo di scopo per onorare l’elezione del Presidente della Repubblica e cambiare almeno la legge elettorale? Lo scenario risulta complesso e impossibile da comporsi.

 

MOVIMENTO CINQUE STELLE: ALLEANZE VIETATE PER 163 PARLAMENTARI E FRONDA DA NASCONDERE

Beppe Grillo ha parlato chiaro e lo ha fatto dal suo profilo twitter. Ha scelto ancora una volta i suoi canali di informazione bypassando i giornali per sostenere che se i suoi parlamentari dovessero scendere a compromessi con la vecchia politica (in particolar modo il Partito Democratico che non smette di fare le sue proposte) lui è pronto ad abbandonare la politica. Il punto di vista di Grillo è facile da comprendere.

Nella sua mente avrà ragionato così: se il Movimento Cinque Stelle è sceso in campo per essere alternativo alla vecchia politica e mettere sul banco degli imputati l’inciucio, ora è impensabile fare lo stesso. E’ Grillo stesso a pensare che qualora si agisca in questo modo verrebbe meno la politica del 5 Stelle (che si ridurrebbe a diventare un ingranaggio della vecchia politica) che cerca invece un rinnovamento profondo.

Grillo dove vuole andare allora? Lo ha detto chiaramente quando ha sostenuto che il suo vero obiettivo è arrivare ad ottenere il 100% dei consensi per governare da solo l’Italia e secondo i suoi 20 punti tra i quali il taglio netto alle spese della casta. Non soltanto quello agli stipendi ma anche all’abolizione delle indennità parlamentari.

I capigruppo alla Camera e al Senato Vito Crimi e Roberta Lombardi non hanno fatto altro che confermare la linea Grillo che poi non è niente altro che quella Casaleggio: nessun accordo coi partiti. Ivan Catalano, neo eletto in Lombardia, aveva parlato invece di un referendum on line sulla possibilità di sostenere l’alleanza con Pierluigi Bersani. L’ipotesi è stata tuttavia subito smentita da parte dei capi partito.

Perché farlo? Per smorzare sul nascere polemiche su un’eventuale spaccatura di un Movimento, quello di Beppe Grillo, che potrebbe farsi tentare dalle poltrone del potere e decidere per un’azione responsabile.

In caso di accordo col Pd, e Grillo lo sa bene, il Movimento Cinque Stelle rischia di perdere buona parte dell’elettorato che lo ha sostenuto a febbraio. Gli stessi che hanno lo hanno votato per convinzione soltanto per “scassare la casta” e dare un nuovo volto al Paese.

Quale sarebbe allora l’obiettivo di Beppe Grillo? Quello di tornare presto alle urne sperando di ottenere un consenso maggiore che porti il suo partito a governare da solo e ottenere il cosiddetto “premio di maggioranza” sia alla Camera che al Senato. L’impresa non sarà facile visto che non è stata centrata da nessuna coalizione. Grillo e Casaleggio però ci vogliono provare. Per questo motivo allearsi con gli altri non sarebbe altro che un fallimento annunciato di una politica di rinnovamento. Anche se l’invito a Bersani di rinunciare ai rimborsi elettorali” potrebbe essere uno spiraglio di apertura. Staremo a vedere.

 

IL CENTROSINISTRA E IL PD PROVANO A TUTTI I COSTI A RAGGIUNGERE L’ALLEANZA: E INTANTO SPUNTA RENZI

Nichi Vendola, che ha affidato la sua dote elettorale a Pierluigi Bersani per una questione di coerenza sperando che il segretario Pd riesca a formare la squadra di Governo, rinuncerà alla carica di parlamentare e tornerà a governare la sua Puglia fino a naturale scadenza del mandato. Un modo come un altro di “consegnare” i propri deputati e senatori alla mercé del Pd che deciderà anche per loro. Solo se Bersani non riuscisse a portare a termine il suo impegno allora Sel sarà pronta a riconoscere che Beppe Grillo ha vinto le elezioni.

Il Pd intanto che fa? Fa il solito partito democratico capace di spaccarsi su qualunque cosa e prova, attraverso Laura Puppato, a presentare l’ennesima “proposta indecente” a Beppe Grillo. La candidata alle primarie di novembre 2012 ha chiesto, attraverso un’intervista al “Corriere del Veneto” al Movimento di aprire un blog comune e arrivare almeno a un governo di un anno. Già immaginiamo la risposta che potrebbe ricevere dal Cinque Stelle: rifiuto l’offerta e vado avanti.

Del resto anche agli otto punti di Bersani Grillo ha risposto picche. All’interno del Pd però si sta già scatenando la caccia alle streghe. Che il segretario in carica abbia fallito l’obiettivo della vittoria elettorale è ormai un dato di fatto. E’ riuscito a dilapidare i quasi otto punti di vantaggio che aveva sul suo diretto avversario (Silvio Berlusconi) e non ha previsto il successo elettorale che Grillo col suo movimento avrebbe raggiunto.

Ora l’alternativa alla vecchia politica di Bersani si sta facendo avanti: non si tratta altro che del sindaco di Firenze Matteo Renzi che potrebbe prendere il Pd in mano, in caso Bersani fallisca anche l’obiettivo di formare il nuovo governo qualora Giorgio Napolitano gli dia l’incarico. Renzi infatti si è già fatto sentire sostenendo, pur essendo smentito prontamente dai bersaniani, chiedendo che agli otto punti vada aggiungere anche quello sull’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. I fedelissimi del segretario attuale infatti sostengono che l’argomento è già presente sul piatto della bilancia.

Renzi ha anche sostenuto che, in caso di elezioni anticipate o anticipatissime, bisognerebbe rifare le primarie e trovare un nuovo leader del centrosinistra. Come Bersani però sottolinea che l’inciucione con il Pdl non è da auspicare. Il sindaco di Firenze ha parlato addirittura di elezioni a giugno.

I più si chiedono come mai. Per lui sarebbe bene andare a votare il prima possibile per evitare che le primarie per il futuro candidato premier (alle quali si evidentemente si autocandida) coincidano con il prossimo congresso del Pd nel quale si dovrebbero rinnovare le cariche proprio entro il periodo febbraio- marzo del prossimo anno. L’obiettivo di Renzi è infatti quello di non farsi risucchiare dalle dinamiche del partito e proporsi invece come l’unica vera alternativa possibile sia a Bersani all’interno della coalizione, che a Beppe Grillo. E il Pd, se davvero vuol competere con il Movimento Cinque Stelle anche a livello elettorale, è chiamato a dare una vera scossa di cambiamento.

L’alternativa? Soccombere e rischiare di perdere anche la leadership alla Camera qualora si torni al voto.

 

MONTI: IL GRANDE ASSENTE BOLLATO DA D’ALEMA COME “NON DETERMINANTE”

In chiave preelettorale si era parlato tanto di Mario Monti come possibile alleato di Bersani per la formazione del governo. I risultati deludenti che hanno portato la lista Scelta Civica a ottenere soltanto 45 deputati e 18 Senatori mettono di fatto l’ex tecnico fuori dai giochi politici. Alla Camera il Pd con il premio di maggioranza può governare da solo, mentre al Senato i 18 seggi di Scelta Civica non sono sufficienti per Bersani ad assicurare un governo stabile senza l’appoggio o del Pdl o del Movimento Cinque Stelle.

Massimo D’Alema ha addirittura bollato Mario Monti come un personaggio “non determinante” per le scelte di governo. Il suo destino è apparentemente quello di attendere la fine del proprio mandato e tornare nel quasi anonimato politico.

L’ex premier però cosa ne pensa? Nei giorni scorsi in prima battuta ha sostenuto “che nessuna forza politica sarà in grado di garantire la governabilità del Paese” mentre meno di una settimana fa, prima della direzione del Partito Democratico, si è incontrato proprio con Matteo Renzi per discutere “ del futuro del Paese”.

L’unico ruolo importante che potrebbe avere in questo momento è quello di appoggiare, qualora ce ne fosse bisogno, un governo tecnico come il suo che possa traghettare l’Italia alle prossime elezioni anticipate che si svolgano a luglio, a ottobre oppure, nella migliore delle ipotesi, nella primavera prossima.

 

E BERLUSCONI? FUORI DA ALLEANZE POLITICHE PENSA ALL’UVEITE E ALLE MANIFESTAZIONI DI PIAZZA

Al pari di Mario Monti anche Silvio Berlusconi è totalmente fuori da ogni discussione di Governo. Sia Grillo che Bersani non sembrano essere disposti al “grande inciucione” pur di dare una guida all’Italia.

Il suo ruolo quale dovrebbe essere allora? In caso di Governo politico quello del fiero oppositore e quindi poco rilevante. Diventa invece fondamentale se il Presidente della Repubblica Napolitano dovesse optare per la soluzione di un Governo tecnico. In quel caso i 116 senatori e i 124 deputati eletti dalla coalizione di centrodestra potrebbero diventare fondamentali per un inciucissimo che altro non sarebbe, in quel caso, che una continuazione del Governo Monti magari con un premier a scelta tra Corrado Passera e Annamaria Cancellieri.

In attesa di queste decisioni che arriveranno dopo che il Quirinale si sarà confrontato con tutti i partiti, Berlusconi è alle prese con guai giudiziari e manifestazioni di piazza. Oggi ancora una volta non si è presentato al processo per prostituzione minorile adducendo come “legittimo impedimento” una malattia oculistica chiamata uveite con la quale però i comuni mortali si recano a lavoro come se nulla fosse.

E mentre a Milano riceve l’ennesima visita fiscale a Napoli arriva la richiesta di rito immediato per il processo sulla compravendita dei senatori nel quale è accusato di aver regalato tre milioni di euro a Sergio De Gregorio per ottenere il suo voto in Parlamento e il passaggio dall’Idv al Pdl.

Un Berlusconi che alla stregua di un pugile suonato chiede ai suoi di non presentarsi in tribunale a Milano per fare una manifestazione nella quale tutti i parlamentari Pdl avrebbero chiesto ai giudici di trasferire i processi del Cavaliere in una sede diversa da quella del palazzo di giustizia del capoluogo lombardo.

La manifestazione di piazza il 23 marzo è confermata ma Berlusconi chiede ad Alfano di fermarsi a questo e non rischiare di non mettere a rischio la situazione del Pdl. Dopo le notizie di Napoli si cambia idea in poche ore. Tutti in piazza e poi anche all’interno del Tribunale di Milano. Tutto questo perché Angelino Alfano sostiene che l’accanimento giudiziario ha come unico obiettivo infatti quello di eliminare Berlusconi. Tanti parlamentari oggi si sono invece riuniti davanti al Tribunale di Milano in corso Venezia per dire basta ad una giustizia politicizzata. Alfano ha addirittura minacciato di non partecipare alle prime sedute del parlamento.

Che succederà al Pdl? Il rischio che con questa nuova ondata di processi e di inchieste (l’ultima quella in Friuli Venezia Giulia che coinvolge undici consiglieri regionali) i consensi possano essere nuovamente persi. E che Berlusconi, in vista di nuove elezioni, debba inventarsi una nuova strategia di comunicazione per tornare alla ribalta. Simile a quella della restituzione dell’Imu. In quanti potrebbero credergli? Almeno un terzo del Paese come è accaduto in questa tornata elettorale dove solo per 120mila voti la coalizione di centrodestra ha mancato il premio di maggioranza alla Camera dei Deputati.

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