Il complotto, la sovranità, l’Europa

di Arturo Diaconale

11 luglio 2014EDITORIALI

A nome del Tribunale Dreyfus e insieme con l’avvocato Valter Biscotti ho presentato alla Procura di Roma la risposta ricevuta dalla Commissione Europea sulla richiesta di conoscere i nomi dei funzionari dell’Ue che parteciparono al G20 di Cannes del 2011. Quello in cui - secondo Timothy Geithner, ex segretario al tesoro Usa - il presidente Barack Obama si sarebbe rifiutato di partecipare all’operazione tesa a far saltare il Governo Berlusconi in Italia sollecitatagli proprio da alcuni funzionari europei.

L’elenco dei partecipanti a quel vertice internazionale non è completo. La Commissione ha risposto alla richiesta di trasparenza sbianchettando alcuni nomi in omaggio alla privacy. Ma, a parte ogni considerazione sull’uso elastico della privacy che a quanto pare non è solo un difetto nazionale ma che è esteso anche nel Vecchio Continente, il materiale ottenuto offre ai magistrati romani, che hanno accolto le denunce del Tribunale Dreyfus e dell’onorevole Michaela Biancofiore, un’ulteriore ragione per andare avanti nell’accertamento della verità sul “complotto” (così è passato ormai alla storia) che portò sia alla caduta del Governo del Cavaliere inviso alla Merkel e Sarkozy, sia all’avvento del Governo tecnico di Mario Monti, benedetto dalle principali cancellerie europee.

È importante che la magistratura vada avanti nell’indagine e non la lasci cadere, raccogliendo le sollecitazioni di quanti sostengono che la teoria del complotto internazionale è una balla, visto che il Governo Berlusconi sarebbe comunque caduto per consunzione interna. Ma non lo è, perché stabilire una volta per tutte che il colpo di grazia ad un Esecutivo traballante venne dato da Governi stranieri potrebbe essere un atto risarcitorio nei confronti del Cavaliere. I risarcimenti morali non fanno invertire il corso degli avvenimenti e non riportano indietro le lancette della storia. È importante, invece, per il futuro del nostro Paese e della stessa Europa. Perché in ballo non c’è solo la vicenda personale di Berlusconi, ma c’è la questione generale della sovranità del nostro Paese. E, come ultima ma più importante delle questioni, c’è lo stesso futuro dell’Unione europea.

Chi pensa che la vicenda del “complotto” debba essere derubricata a balla sbaglia di grosso. Non capisce che a minare alle radici il progetto dell’unità politica dell’Europa è proprio la convinzione di aver assistito nel 2011 ad una serie di atti di prevaricazione della sovranità nazionale dei Paesi più deboli del Sud da parte dei Paesi più forti del Nord. Il precedente del 2011, in sostanza, pesa come un macigno sulla speranza di arrivare alla costituzione degli Stati Uniti d’Europa. Perché il timore che quel precedente possa essere ripetuto ai danni di chiunque si metta di traverso agli interessi - e alle volontà dei Paesi egemoni - è fin troppo esteso. E tende ad allargarsi proprio perché la divergenza tra i Paesi che invocano il rigore e quelli che chiedono la crescita si è concretizzata ed ufficializzata proprio negli ultimi tempi.

Il sospetto che un bel giorno i Paesi del rigore possano decidere di far ripetere a quelli della crescita l’esperienza subita a suo tempo da Grecia e Italia aleggia sull’intero Continente, costituendo il vero e maggiore ostacolo al passaggio dall’Europa dei burocrati all’Europa della democrazia. Non sono solo i berlusconiani, allora, ad avere interesse che l’indagine dei magistrati romani vada in porto. È interesse tutti. E in primo luogo dello stesso presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che sa benissimo come in caso di crisi dell’euro la storia potrebbe ripetersi e fargli fare la stessa fine di Berlusconi e di Papandreou.

 

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