CONSUMI: I NUMERI "GRECI" ARRIVANO IN ITALIA. MA LA STAMPA IGNORA LA VERA CRISI
Chi taccia gli analisti che fanno paralleli con la Grecia di essere dei meri pessimisti che fanno male al paese non ha capito un bel niente.
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Le storie di crisi in Italia non mancano: ad agosto ha chiuso i battenti un marchio storico del made in Italy, come Richard Ginori, con lavoratori rimasti a casa. A cui ha fatto seguito le cartiere Burgo, altro pezzo da novanta del nostro paese e, notizia di ieri, lo stabilimento Bridgestone di Bari con quasi mille lavoratori che entro un anno rimarranno senza stipendio e senza un futuro. E poi il caso Sulcis, l’Ilva, le imprese del nord est che chiudono e i cui titolari di suicidano nel silenzio colposo di molte penne nazionali che preferiscono vergare di conclavi o gabinetti di crisi romani. Mentre il paese reale, non quello di plastica o quello dei manager di stato per tutte le stagioni, urla tutta la sua disperazione, proprio come la vicina Grecia. Dove una donna che vive con un figlio disabile, Panagiota Asimakopoulou Katarrachi, per le ristrettezze imposte dal memorandum ormai vive al lume di candela nella sua casa di Pyrgos, perché non può più permettersi l’energia elettrica. Lo stato le ha tagliato la luce perché, a fronte di una pensione di appena 400 euro, ha bollette non pagate per duemila euro. Numeri da crisi, vite distrutte.